LA RIABILITAZIONE
 

“Quando ha iniziato a parlare, panico assoluto. Diceva solo delle cavolate, ma delle cavolate enormi! Cose senza senso quello che passava lui lo diceva..”

 

“Lui non sapeva dov’era non ricorda nulla di quel mese. Lui non aveva lo spazio, non aveva il tempo, non sapeva dov’era”

 

“Parlava male, si morsicava la lingua. Aveva la bocca storta .Parlava con il naso perchè faceva fatica a respirare.”

 

“I primi tempi non collaborava. Faceva molta fatica: sono dovuta entrare io in palestra per stimolarlo. Ma dopo due minuti diceva che era stanco e non voleva fare più niente"

 

“io sono stato sempre un po’ testone". Anche nella vita quotidiana quando voglio una cosa, devo riuscire ad averla. Grazie alla mia forza d’animo, grazie alle mie fisioterapiste e al dottore, io sono riuscito.

 

Sono andato in crisi perché i movimenti non riuscivo a farli tutti: la gamba non andava bene, il braccio e la mano senza medicine e senza niente mi hanno aiutato.
Adesso sono contento.

 
La Riabilitazione
 

Una volta individuato il Centro di riabilitazione e trasferitovi il paziente, è necessario che fra la famiglia, i medici e gli operatori del Centro si stabilisca un proficuo livello di collaborazione : il paziente, i suoi familiari e gli operatori si troveranno infatti ad interagire costantemente.

 

Il traumatizzato ha bisogno di percepire intorno a sé un clima disteso, collaborativo e il più possibile fiducioso verso le sue possibilità di recupero.

 

L’equipe riabilitativa ha il compito di guidare la famiglia a comprendere i deficit del paziente e di tenerla costantemente informata sul programma riabilitativo stabilito, fornendo tutte le informazioni e l’assistenza necessaria.

 

La famiglia deve collaborare seguendo le indicazioni dei terapisti, evitando di stare sulla difensiva quando si parla dei deficit del proprio caro, riferendo le proprie osservazioni o discutendo degli eventuali problemi.

 

Ciascun traumatizzato presenta un profilo suo proprio che deriva dall’azione di molteplici fattori che interagendo tra loro, configurano di volta in volta realtà assolutamente originali.

 

Il quadro cognitivo e comportamentale che deriva dal singolo trauma è la risultante dinamica dell’interazione dei vari fattori in cui ciascuno contribuisce alla definizione di una realtà individuale ed irripetibile.

 

L’obiettivo finale, al quale tutti devono tendere, è infatti quello, ove possibile, di fornire al paziente un grado di autonomia (sfruttando al massimo le sue capacità residue) tale da permettergli una soddisfacente integrazione con il mondo esterno.

 
Come possono regolarsi i familiari di fronte a reazioni, atteggiamenti
che rendono il proprio caro diverso dalla persona che era prima?
 

Sebbene ogni caso sia diverso, si possono dare alcune indicazioni sui comportamenti più idonei da seguire, premettendo che di fronte a comportamenti anomali è nocivo barricarsi dietro un “è stato sempre così”, che nega l’evidenza del problema.

 

Irritabilità: non rimproveratelo subito per il suo comportamento, cercate di capire i motivi di questo comportamento in modo da ridurre la possibilità che si ripetano, coinvolgetelo nelle decisioni anche piccole così che non possa poi criticarle.

 

Scatti d’ira: non offendetevi per questo comportamento ricordando che ci sono cause precise (il trauma) e problemi di memoria, per cui è inutile ribattere. Se tende ad alzare le mani o a dire parolacce, non bisogna farsi intimorire ma dimostratevi fermi e decisi a lasciarlo solo o a punirlo facendolo rinunciare a qualcosa a cui tiene (cibi, visite, programmi televisivi…..), se continuasse in questi atteggiamenti sconvenienti.

 

Inerzia e perdita di motivazione: l’inerzia va combattuta dividendo le attività in piccole tappe che siano facili da portare a termine e gli diano la soddisfazione di avercela fatta. Comunque, se di fronte a delle alternative non si decide, prendete la decisione al suo posto.

 

Inconsapevolezza e negazione: permettergli di svolgere attività che lui è convinto di saper fare, anche se ciò non è vero, e siate molto pazienti, trattandolo con calma senza rimproverarlo quando l’insuccesso è palese.

 

Pensiero ossessivo: spostate la sua attenzione su altre attività che possano interessarlo; rassicuratelo  sul fatto che quanto dice verrà prima o poi fatto e tenete presente che questo è un disturbo causato dal problema di memoria, per cui egli non sa se ha già chiesto una certa cosa e cosa gli è stato risposto. In questi casi può essere utile fargli tenere un diario in modo tale che, leggendolo, possa ricostruire i discorsi già fatti.

 

Depressione: può essere curata con dei farmaci perché ha cause organiche facendo attenzione che non vi siano segnali di depressione profonda (pensiero suicida) perché in tal caso è bene rivolgersi ad uno psichiatra esperto in traumi cranici cercate di non farvene contagiare e non sentitevene responsabili: prima o poi passerà da sola.

 

Dipendenza sociale: evitate che il paziente passi il suo tempo con un’unica persona, aggiungete al suo ambiente persone che abbiano caratteristiche ed interessi diversi, fategli frequentare luoghi che non gli siano completamente estranei poiché le situazione nuove possono accentuare i problemi.

 
“ A cosa servirà quello che stiamo facendo? A che livello di recupero arriveremo?”
 

Queste sicuramente sono le domande che continuamente si affacciano alla mente dei familiari ma, purtroppo, nessuno può rispondere ad esse con certezza.

 

E’ perciò importante cercare di affrontare i problemi e le conquiste giorno per giorno, senza spingere lo sguardo troppo avanti, affrontando le difficoltà quando si presentano e ponendosi obiettivi circoscritti e ravvicinati nel tempo. Ogni recupero, infatti, è l’insieme di tantissime piccole conquiste e non un miracolo improvviso, considerando di rendere funzionale al massimo le capacità residue, non solo in termini strettamente riabilitativi ma soprattutto per il raggiungimento di una maggiore autonomia.

 

Anche per questo una volta scelto un Centro di Riabilitazione, a meno che non vi siano motivi molto gravi, non ha senso chiedersi continuamente se ne esistano di migliori e vagare alla ricerca di altri, ma è preferibile cercare di stabilire un rapporto di collaborazione con i medici e i terapisti ai quali ci si è affidati e che possono garantire continuità al percorsa di riabilitazione.

 
Le testimonianze sono tratte da “Storie di cura”
a cura di G. Giarelli, Good, Del Vecchio Good, Martini, Ruozi
Franco Angeli editore

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ASSOCIAZIONE MARCHIGIANA TRAUMATIZZATI CRANICI “Andrea” ODV
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